Sappiamo che dopo una catastrofe generale succede che si innestino lunghi processi di cambiamento economico e sociale di grande rilevanza. Per esempio, dopo la Peste Nera nel Medioevo, in Europa Occidentale è finita la servitù della gleba, è caduto il sistema feudale, si è sviluppato un modello legato al salario ed è cresciuta una nuova categoria di mercanti – industriali. Cercare di ipotizzare come potrebbe cambiare il panorama di lungo periodo può sembrare un esercizio velleitario, ma forse non del tutto inutile. Che incidenza avranno i massici interventi delle politiche monetarie e fiscali? Parleremo ancora di libero mercato? di capitalismo? di libertà individuali uguali a quelle godute oggi nella maggior parte dei Paesi sviluppati?
In termini generali si può affermare che i due modelli ora prevalenti siano il Capitalismo Liberale e il Capitalismo Politico. Entrambi questi sistemi hanno avuto il merito di assicurare una crescita economica elevata negli ultimi decenni, una riduzione della povertà assoluta (per circa 1 mld di persone dal 1990) ed un miglioramento complessivo del tenore di vita.
Il primo, prevalente nel mondo occidentale oltreché in alcune nazioni orientali, è caratterizzato, a grandi linee, da un sistema liberale e meritocratico che pone l’accento sull’iniziativa privata. Deriva direttamente dal capitalismo classico ma, diversamente da quello, in questo modello il lavoro è importante come il capitale. Si è quindi sviluppata una élite economica di manager/imprenditori, e non più di capitalisti/rentiers, che incide sul sistema politico. I protagonisti dell’economia e della politica non emergono più in un ambito sociale specifico ed esclusivo, ma ciononostante appaiono sempre più lontani dalle classi medie che meno hanno beneficiato della crescita dovuta alla globalizzazione e alla rivoluzione tecnologica. Si stanno di conseguenza creando tensioni sociali che politicamente sfociano nel populismo.
Il Capitalismo Politico è guidato dallo Stato; è un sistema evolutosi in Cina nell’ultimo ventennio del secolo scorso, con caratteristiche in parte neo – liberiste e ora presente anche in vari Paesi dell’Estremo Oriente, in Africa e in Russia. Questo sistema è legittimato solo da una grande e costante crescita economica. Si caratterizza per il grande potere di una burocrazia tecnocratica, per l’arbitrarietà con la quale sono applicate le leggi, per la corruzione e per il nepotismo. La differenza fra la proprietà pubblica e quella privata in molti casi non è ben definita. Questi aspetti permettono alla élite politica di limitare il potere dei nuovi capitalisti i cui diritti possono essere limitati o revocati in qualsiasi momento, secondo una tradizione che in Cina sembra risalire al XIII secolo. Di fatto i Paesi che hanno abbracciato questo sistema sono caratterizzati da sistemi politici autoritari e spesso poco rispettosi dei diritti umani e delle libertà. E’dubbio che questo modello possa continuare ad essere accettato dalla classe media in queste forme anche in presenza di prolungate crisi economiche.
Le evoluzioni del sistema economico saranno certamente influenzate da una serie di problemi già presenti prima dello scoppio della pandemia, oltre che dai cambiamenti nelle abitudini da essa causati, e che sono destinati a rimanere almeno in parte. La situazione geopolitica è in una fase particolarmente fluida: il Medio Oriente e il Nord Africa dovranno trovare nuovi equilibri, nel Mar Cinese Meridionale si scontrano le necessità e le ambizioni dei Paesi che vi si affacciano, nell’America Centro – Meridionale, così come in alcuni Paesi Est Europei, si stanno affermando sistemi politici autoritari e sovranisti. Inoltre, alcune importanti istituzioni internazionali (es. WTO) sembrano avere meno influenza che nel passato. Gli sviluppi demografici dei prossimi 30 anni saranno vincoli particolarmente importanti, anche – ma non solo – con riferimento al fenomeno migratorio: si prevede che la popolazione dell’Africa sub sahariana raddoppi ed arrivi a rappresentare circa un quarto della popolazione mondiale.
Anche la necessità di affrontare il cambiamento climatico, e le conseguenti prospettive del settore dei combustibili fossili, avranno un impatto importante. Da seguire anche le evoluzioni di alcune tendenze di carattere più strettamente economico: i cambiamenti nel commercio al dettaglio, sempre più concentrato su piattaforme elettroniche; l’accorciamento delle filiere di produzione e la de-globalizzazione; la necessità di quantificare il valore reale dell’economia digitale e dei dati da essa prodotta; il rilassamento delle politiche anti – trust; l’affermarsi di nuove modalità di lavoro da remoto che potrà anche incidere sugli sviluppi urbanistici; la presa in considerazione degli interessi dei diversi stakeholders, tema centrale dell’ultimo World Economic Forum di Davos.
Pur nell’incertezza di una previsione, è difficile ipotizzare che l’evoluzione degli attuali sistemi possa prescindere da come verranno affrontate e risolte le problematiche alle quali ho accennato.
Un’alternativa radicale potrebbe consistere nell’applicazione delle proposte di politici quali Jeremy Corbyn o Bernie Sanders. Una proposta più realistica consisterebbe nello sviluppo di una forma di capitalismo, il “capitalismo popolare” (People’s Capital), che si ispira in parte al capitalismo socialdemocratico, ma focalizzato a ridurre le diseguaglianze in termini di patrimonio sia finanziario che culturale (in senso lato) piuttosto che su una redistribuzione dei redditi. Un’altra ipotesi potrebbe essere che, partendo dallo status quo, nessuno dei due modelli in essere prevalga sull’altro e che si arrivi ad un sistema con caratteristiche mutuate da entrambi i sistemi. Se questo fosse il caso, che ruolo avrà la burocrazia, intesa nel suo senso più alto? Sarà l’arbitro delle scelte economiche al servizio del potere politico o diventerà un corpo terzo, strumento necessario per la fluidità dei mercati e la garanzia delle libertà, utile per mantenere un equilibrio fra potere politico ed economico?
Penso che le radici del futuro verranno piantate nei prossimi mesi, e se queste sfide verranno affrontate da leaders illuminati le generazioni future vivranno in un mondo migliore. Purtroppo per ora non mi sembrano esserci veri statisti all’orizzonte. Vedremo.
© Gianluca Sabbadini – The Adam Smith Society